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Storia di Angelica

Storia di Angelica

Cari amici,

chi già ci conosce ed ha avuto modo di partecipare a qualche incontro organizzato dalla nostra Fondazione, avrà già ben chiaro il motivo per cui abbiamo deciso di raccontare, anche attraverso il nostro sito, le storie di alcune delle famiglie che hanno scelto di  “accompagnare” i loro bambini malati.

Non c’è nessuno strumento in grado di spiegare il senso dell’esistenza del Cuore in un Goccia, di quello che fa e del modo in cui opera, meglio di queste storie; ancor più se il racconto proviene direttamente dalle mamme e dai papà di questi piccoli angeli.

Basta una sola di queste storie per dare tutte le risposte sul perché della scelta di queste famiglie, su cosa si deve affrontare e su dove si arriva. In esse trova sfogo un fiume di sentimenti ed emozioni: il rifiuto della malattia,  i mille dubbi, le paure e le angosce, l’incomprensione della società e della famiglia, la solitudine e il dolore, fino ad arrivare ad un’inspiegabile trasformazione; quest’ultima, ha inizio nel momento della scelta di lasciar “scorrere la vita"rimettendosi al volere di Dio; si evolve attraverso un incondizionato amore per il proprio bambino malato, che diventa egli stesso la forza che sostiene i genitori nell’affrontare gli ostacoli che la malattia, ogni giorno, pone loro davanti; e sfocia, infine, in un senso di pace e serenità  che appare, agli occhi di chi legge, come assolutamente disarmante, considerato il  durissimo percorso affrontato.  

In questi racconti, i genitori “testimoni” mettono a nudo il proprio cuore e la propria anima, narrando e descrivendo, con dovizia di particolari e senza filtri, i loro pensieri e sentimenti in ogni momento della loro esperienza; ed è probabilmente questa autenticità a rendere la loro narrazione di enorme impatto emotivo.

Ecco perché pensiamo che sia fondamentale condividere con più persone possibili il racconto di queste esperienze: affinché siano strumenti di comprensione dell’immenso valore della Vita e aprano alla riflessione su di essa e sul mistero che la avvolge; affichè possano aiutare altre famiglie nelle stesse condizioni;  affinché  mettano in dubbio lo schema culturale, oggi  dominante, “della perfezione” come condizione di esistenza dell’essere umano.


 

Storia di Angelica

Oggi vi raccontiamo la storia di Angelica, una bimba tanto desiderata e attesa dalla sua famiglia.

Quante preghiere sono state recitate per la sua venuta al mondo e per la salvezza della sua vita!

Dopo la nascita di Rachele nel 1996, mamma Anna Rita e papà Marco, desideravano avere altri figli e formare una famiglia numerosa, ma i piani del Signore non coincidevano con i loro; così dopo 17 anni di attesa, tra speranze e disillusioni, avevano dovuto, seppur nella consapevolezza che tutto doveva avere un senso più grande, accettare ciò che Dio aveva pensato per loro.

A 45 anni Anna Rita si era rassegnata all’idea di non avere più figli e fu per questo che, quando tra ottobre e dicembre del 2012, non ebbe più il ciclo, pensò di essere all’inizio della menopausa. Il 9 gennaio del 2013, prima dell’appuntamento con la ginecologa, per fugare ogni dubbio, fece un test di gravidanza, certa che il risultato sarebbe stato come sempre negativo ma, ancora una volta, ciò che lei pensava, non coincideva con quello che aveva programmato Dio. Il test era positivo. Gioia, incredulità e anche un po’ di paura furono i sentimenti che investirono la famiglia.

Anna Rita chiamò la sua ginecologa comunicandole la notizia della gravidanza e la dottoressa le fissò subito un appuntamento. Alla prima ecografia vennero informati che il bambino era già di tre mesi e che era necessario fare un ulteriore esame con uno specialista. Quest’ultimo fu fissato per il lunedì successivo. In quella occasione, era presente anche la figlia Rachele che da sempre desiderava una sorella o un fratello; ma l’emozione e la gioia per quel desiderio che si stava realizzando, vennero immediatamente dissolte dalle parole della dottoressa che eseguì l’esame, la quale, dopo un lungo silenzio, continuando a girare la sonda dell’ecografia sulla pancia, disse loro, con tono freddo e perentorio, che c’erano gravi problemi perché il plico nucale era inspessito.

La dottoressa li invitò a contattarla, il giorno dopo, per fissare un appuntamento per una villocentesi  a seguito della quale avrebbero deciso cosa fare. Anna Rita si rialzò dal lettino disorientata ed incredula; cercò poi di farsi coraggio, non solo per se stessa ma anche per il marito e per la figlia Rachele che, intanto, era rimasta pallida, in silenzio, atterrita da quella notizia: avrebbero deciso insieme la strada da prendere perché quella della villocentesi non era per loro il passo da compiere.

Tornati a casa, con un coraggio e un sorriso ricevuti per Grazia di Dio, accennarono dei problemi del bambino ai genitori e alle persone con le quali condividevano un percorso di fede, per capire insieme come procedere. Si affidarono completamente a Dio e chiesero preghiere ad alcune amiche suore, per loro e per il loro bambino. Alla fine decisero di non procedere con la villocentesi e di non ricontattare quella dottoressa che, con tanta freddezza e “professionalità”, aveva dato loro quel colpo così forte da uscire dal suo studio completamente storditi.

Si rivolsero ad un'altra ecografista molto brava, che confermò i problemi già riscontrati in precedenza, prevedendo una probabile trisomia 21 o la sindrome di Turner e annunciando che il bambino era una femminuccia. La strumentazione utilizzata dalla dottoressa era molto avanzata e permise alla famiglia di vedere la bambina: bellissima e molto somigliante alla sorella; la piccola si muoveva e si sentiva battere il cuoricino.

Venne affidata alla Madonna e le preghiere per lei furono incessanti. Ogni volta che si recitava il Rosario la piccola si muoveva nella pancia della mamma.

Quasi allo scadere del tempo necessario, si decise di eseguire l’amniocentesi per stabilire il tipo di trisomia ed individuare un ospedale in grado di assicurare alla piccola le cure adeguate alla nascita.

Dopo una decina di giorni dall’esame, chiamò la ginecologa dell’ospedale per informarli, con voce affranta, che si trattava di TRISOMIA 18, INCOMPATIBILE CON LA VITA e che si dovevano recare urgentemente in ospedale. Chiuso il telefono, Anna Rita si precipitò al computer  per cercare su internet; lo scenario che le si prospettò davanti fu terribile. Scoppiò in un pianto irrefrenabile causato, non dalla paura per se stessa, ma dal dolore di mamma, impotente di fronte alla sua bambina malata.

Nonostante tutto, quando si recarono in ospedale, erano comunque sereni perché sorretti dalle preghiere di tanti che gli erano vicini. La dottoressa disse loro: “Questa sindrome è molto grave, è incompatibile con la vita. Ho già preso appuntamento per l’aborto”. Ma la risposta della famiglia a quelle parole così dure, fu immediata e senza esitazione: “Noi amiamo nostra figlia fin dal momento in cui abbiamo saputo che era con noi e l’amiamo ancora di più ora che sappiamo quanto fragile sia la sua vita. Intendiamo proseguire nella gravidanza ed amarla per tutto il tempo che sarà con noi!”.

Di fronte a tanta risolutezza e a quella manifestazione di amore incondizionato dei genitori per quella creatura, la dottoressa cambiò sguardo e atteggiamento e, dopo aver definito “fortunata” quella bambina, proprio in virtù dell’amore dimostrato dai suoi genitori nei suoi confronti, si rese disponibile a monitorare la situazione settimanalmente.

Nell’ecografia successiva il plico nucale sembrava diminuire e ciò fece aumentare la speranza. Quando arrivò il giorno previsto per la morfologica, era il giovedì Santo e la famiglia si recò all’appuntamento fiduciosa ma, bastò girare un po’ la sonda dell’ecografo, per scoprire che non c’era più battito.

Fu un colpo durissimo, sogni e speranze annientati. Ma come poteva Dio volere questo? Come poteva ignorare le preghiere di tutti? Come poteva non consentirgli nemmeno di conoscerla, baciarla, cullarla? Le lacrime non servivano a cancellare o lenire il dolore, un dolore che avrebbe continuato a dilaniarli nei giorni a seguire, quelli che si sarebbero trasformati nel loro triduo pasquale.

Anna Rita dovette contattare l’ospedale e, sforzandosi di adempiere alle necessità pratiche, comprò il necessario per la bambina con l’aiuto di un’amica, la quale, sentendosi nel cuore di essere la madrina della piccola, prese per lei un vestitino bianco.

Il venerdì santo, Anna Rita venne ricoverata e fu subito messa sotto farmaci per indurre le contrazioni, ma i dolori iniziarono solo il sabato sera, e la mattina di Pasqua del 31 marzo 2013, alle 6:30, Angelica si fece conoscere. La bimba venne lasciata un po’ con la mamma e il papà, poi venne battezzata. I genitori chiesero di avere il corpicino della piccola perché avevano pensato alla sua sepoltura.

L’addetta all’obitorio, più tardi, passò dalla loro camera per rassicurarli che si sarebbe presa cura di Angelica e che l’avrebbero ripresa il martedì, perché il lunedì dell’Angelo non era possibile fare nulla.

Una Pasqua vera, quella di questa famiglia, vissuta con Gesù, aggrappati a Lui. Angelica era salita in cielo e aveva mostrato loro anche la Resurrezione.

La ginecologa che aveva consigliato alla famiglia di abortire, inviò loro un messaggio meraviglioso, non dovuto e inaspettato e dunque ancora più gradito, che mostrava come il suo cuore fosse stato toccato da Dio, un Dio in cui non credeva molto.

Sulla vita di Angelica, seppur breve, possiamo essere certi che ci fosse un disegno ben preciso del Signore, per la sua famiglia e per tutti quelli che le sono stati accanto; quando, successivamente, la sua mamma chiese ad alcune persone di scrivere cosa rappresentasse Angelica per loro, dopo un anno circa, una sua amica la informò che aveva scritto un libro di filastrocche per bambini e che, il ricavato della vendita era andato in beneficenza all’ANFASS della città che stava costruendo una residenza per ragazzi disabili rimasti soli dopo la morte dei genitori. Angelica era divenuta l’angelo custode di questo centro, oggi in fase di costruzione. All’evento di presentazione, Anna Rita ha conosciuto alcuni di quei ragazzi  e ha visto i lavori fatti e, di fronte a quest’opera, ha potuto, pur non comprendendoli ancora appieno, rendere grazie a Dio per i suoi piani.

Oggi, quando la sua famiglia la chiama chiedendo se c’è, Angelica si fa sentire in tanti modi, per ricordare a tutti che è presente. La sua vita, seppur breve, era un piano di Dio e, pertanto, portava con sé un senso profondo, una missione da compiere. L’esistenza di Angelica Angeloha lasciato un segno non solo sulla sua famiglia ma anche su tutti quelli che hanno vissuto la sua storia o che la conosceranno in futuro.

Concludiamo questo racconto con le parole di mamma Anna Rita: “ L’amore accompagna il dolore, anzi vince il dolore e ci rende consapevoli che Dio non ci ha tolto Angelica, ce l’ha donata quaggiù e lassù, non abbiamo una persona in meno, ma un angelo in più!

 

 

Racconti di Vita
a cura di Anna Luisa La Teano
 

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