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La realtà dell'Hospice Perinatale

La realtà dell'Hospice Perinatale
 

La realtà dell’Hospice Perinatale

Oggigiorno si sente sempre più spesso parlare dell’Hospice come luogo in cui far trascorrere l’ultima parte della vita ai malati terminali adulti, ai quali non può essere somministrata alcuna terapia farmacologica per un tentativo di miglioramento della patologia in atto.

È raro, però, venire a conoscenza dell’esistenza dell’Hospice Perinatale, una struttura in cui vengono seguite le coppie di genitori che, ricevuta la diagnosi di una patologia malformativa o di una malattia life- limiting del loro bambino, decidono di portare avanti la gravidanza, ricevendo assistenza psicologica e sanitaria da parte di un’equipe multidisciplinare specializzata.

L’Hospice Perinatale può essere considerato un modello di supporto innovativo ed alternativo all’assistenza sanitaria finalizzata all’aborto terapeutico.

Con i progressi della medicina fetale, la diagnosi prenatale sta diventando sempre più precisa e precoce, ma è doveroso far notare che la proposta delle strutture sanitarie in Italia, con poche eccezioni che si contano sulle dita di una mano, rimane quella dell’applicazione della Legge 194/78, in materia di “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.”

Infatti l’articolo 6 di questa legge sancisce ce “l’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

  1. quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
  2. quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna[1]”.

Quando non ci si trova, quindi, di fronte ad una di queste due situazioni è compito degli operatori sanitari fornire un’adeguata informazione ed offrire percorsi alternativi ed adatti ai desideri ed alle esigenze dei genitori.

L’Hospice Perinatale segue la filosofia dell’hospice e delle cure palliative nell’assistenza a questi piccoli pazienti ed alle loro famiglie.

È importante sottolineare che, per i genitori che scelgono di continuare la gravidanza, questo tipo di supporto è fornito sin dal momento della diagnosi e non solo dopo che il bambino sia nato.

Dopo che i genitori hanno preso questa decisione vengono discussi e programmati eventuali interventi chirurgici e palliativi prenatali, il parto eutocico od operativo e trattate le possibili opzioni dopo la nascita, opzioni che, comunque, verranno ridiscusse alla luce della diagnosi definitiva postnatale e della prognosi in base alle condizioni reali del/la bambino/a.

Inoltre, vengono offerte le tradizionali cure palliative dell’hospice direttamente a casa della coppia se il neonato vive più di qualche minuto o ora.

Questo nuovo ma ancora poco diffuso approccio, fornisce sostegno alle famiglie dal momento della diagnosi prenatale per il resto della gravidanza, attraverso le decisioni prese prima e dopo la nascita, considerando il neonato come membro effettivo della famiglia.

Al contrario di quanto si possa pensare, questa realtà può essere facilmente incorporata all’interno di una gravidanza e di un’assistenza alla nascita standard.

I riferimenti nella letteratura medico-scientifica riguardo al tema dell’Hospice Perinatale sono presenti, ma sono pochi e, soprattutto, non sono molto diffusi e conosciuti. Questo approccio compare per la prima volta nella letteratura scientifica per opera di B.C. Calhoun et al (1997)[2] e da quel momento sono nati in tutto il mondo circa 250 programmi. Questo primo articolo faceva interrogare sulla necessità di proporre il programma dell’hospice perinatale in tutti i centri.

Sempre lo stesso anno B.C. Calhoun et al[3] pubblicarono un altro articolo su questo tema. Infatti, dopo i primi studi, si sentì il bisogno di approfondire questo campo a causa dei disturbi psicologici che si verificavano dopo l’aborto volontario ed a causa della dottrina religiosa che enfatizzava la dignità della vita del feto.

Questi primi tentativi di offrire una concreta alternativa ai genitori che si trovavano ad affrontare queste drammatiche situazioni senza trovare supporto, si sono concretizzati nella letteratura con il documento “Perinatal hospice” realizzato da N.J. Hoeldtke a B.C. Calhoun (2001)[4] in cui viene proposto un modello di assistenza che prevede l’identificazione dei candidati, il team multidisciplinare coinvolto, il tipo di assistenza personalizzata antepartum, intrapartum e postpartum, i vari livelli di accertamento della diagnosi prenatale ed il management del lutto perinatale. Inoltre vengono affrontati i motivi per cui la realtà dell’Hospice perinatale non riusciva a diffondersi e ad essere approfondita.

Molti sono stati gli ostacoli che hanno rallentato, e rallentano tutt’ora, l’affermazione di questo innovativo tipo di assistenza. Quando capita di parlare di genitori che scelgono la strada della prosecuzione della gravidanza con diagnosi di malattie “incompatibili con la vita”, l’interrogativo più frequente è “Perché scegliere di portare avanti una gravidanza di questo tipo?”. Spesso questa domanda non viene nemmeno posta per il timore della risposta che si teme di ricevere.

In realtà, la maggior parte delle coppie di genitori che decidono di intraprendere questa scelta, non si vergognano affatto di rispondere con naturalezza che accompagnare ed accudire il loro bambino durante la sua breve vita, è tutto quello che possono donargli e sono felici di farlo. Per alcuni genitori interrompere la gravidanza è impensabile. Altri, invece, la prendono in considerazione, indecisi se questa strada sarà la scelta più sopportabile e compassionevole.

Fondamentalmente, la decisione di portare avanti la gravidanza da parte della coppia deve far onore sia ai genitori stessi che al bambino.

Ciò permette di accudire e proteggere il proprio bambino per il tempo che gli è concesso di vivere.

Inoltre permette di offrire al neonato ed ai suoi genitori il dono della vita ed un addio tranquillo e naturale. Continuare la gravidanza non deve essere considerato come un aspettare passivamente la morte, al contrario, come un abbracciare quella breve, meravigliosa e piccola vita.

Un altro ostacolo psicologico che frena il diffondersi della filosofia dell’Hospice Perinatale è la convinzione che proseguire con la gravidanza sia un rischio per la salute mentale e fisica della donna.

Per quanto riguarda la sua salute mentale, è importante notare che non ci sono studi che supportano la popolare convinzione che interrompere la gravidanza di feti con malformazioni risulti più semplice dal punto di vista psicologico per la mamma.

Infatti, ricerche risalenti a qualche anno fa consigliano il contrario.

Queste ultime riportano che le donne che effettuano l’aborto terapeutico per anomalie fetali, sperimentano il lutto con la stessa intensità con cui lo vivono i genitori che vanno incontro alla morte spontanea del loro bambino (Zeanah et al, 1993)[5] ed, inoltre, l’aborto di un figlio voluto ma portatore di difetti congeniti può rappresentare “un evento traumatico … che implica il rischio di un severo e più difficoltoso lutto” (Kersting et al, 2004)[6].

Uno studio a lungo termine ha scoperto che “un numero sostanziale … ha mostrato risultati positivi per il disturbo post-traumatico da stress” (Korenromp, 2005)[7].

Un follow up ha evidenziato che 14 mesi dopo l’aborto terapeutico quasi al 17% delle donne è stato diagnosticato un disturbo psichiatrico tra cui stress post-traumatico, ansia o depressione (Kersting, 2009)[8].

Per quanto riguarda, invece, la salute fisica della donna, molte patologie “incompatibili con la vita” del bambino non pongono più rischi fisici di quelli di una gravidanza definita “normale”.

Alcuni pensano che risulti sempre più sicuro non essere in gravidanza piuttosto che esserlo.

Una volta in gravidanza, però, la questione dibattuta è se sia più sicuro potarla avanti od interromperla.

È importante  sottolineare che l’aborto in sé comporta rischi per la salute fisica della donna che, comunque, aumenterebbero con il progredite della stessa. Se esistono possibili ripercussioni sulla salute della madre correlati alla condizione del bambino, i medici sono preparati a prevedere le complicanze e trattarle tempestivamente nel caso in cui dovessero presentarsi.

È raro che una gravidanza rappresenti una minaccia diretta per la vita della donna. In questi casi, gli specialisti di medicina fetale sono formati per cercare di salvare entrambi i pazienti.

Se la minaccia per la madre è così severa che il bambino deve nascere così prematuramente da non poter sopravvivere, la mamma può ricevere un’assistenza medica d’urgenza, mentre al bambino verrà offerta l’assistenza dell’Hospice.

Nei pochi studi in cui sono state osservate mamme che hanno deciso di continuare la gravidanza di bambini aventi malattie “incompatibili con la vita”, non sono state riscontrate complicazioni per la salute fisica della donna (Calhoun 2003, D’Almeida 2006)[9].

In modo più specifico, per quanto riguarda l’anencefalia, è stato pubblicato uno studio[10] prendendo come campione più di 200 madri che hanno proseguito la gravidanza.

La conclusione dell’indagine è stata che, portare avanti la gravidanza dopo la diagnosi di anencefalia, è sicuro dal punto di vista medico e dovrebbe essere considerata come opzione.

Inoltre, non bisogna sottovalutare il fatto che le gravidanze successive possono risentire della scelta effettuata.

Infatti, molti studi riportano che l’aborto terapeutico è associato ad un significativo aumento del rischio di un parto prematuro o di un bambino di basso peso alla nascita nelle gravidanze successive, forse a causa dei danni e delle cicatrici presenti sulla cervice uterina in accordo con una meta-analisi pubblicata nel BJOG, la rivista del Royal College degli Ostetrici e dei Ginecologi (Shan 2009)[11].

Dopo aver analizzato le barriere mentali più comuni, occorre prendere in considerazione il caso in cui la diagnosi prenatale risulti sbagliata.           

Essa non è imprescindibile. Infatti, può capitare che, al momento della nascita, le condizioni del bambino siano più o meno gravi delle previsioni effettuate precedentemente. In rare occasioni la diagnosi può risultare completamente errata e il neonato perfettamente sano.

La realtà dell’Hospice Perinatale è capace di fornire assistenza anche in queste evenienze.

Il bambino alla nascita può mostrarsi più forte di quanto ci si aspettava; in questo caso i medici possono parlare di una prognosi migliore con l’aiuto di un intervento chirurgico a breve termine, sempre lasciando ai genitori la possibilità di scegliere se effettuarlo o no.

Diversamente, può accadere che un bambino nasca più debole e malato del previsto, in questo caso il personale sanitario dovrà comunicare ai genitori che il loro figlio necessita subito di un’assistenza diversa da quella stabilita, e che il percorso discusso in precedenza dovrà subire delle modifiche.

La particolarità della struttura dell’Hospice Perinatale è che ogni tipo di decisione e programma può, in qualsiasi momento, essere adattato ai bisogni del bambino. Risulta, perciò, fondamentale lasciarsi guidare dal neonato e non seguire un programma prestabilito senza che subisca variazioni.

In conclusione l’Hospice Perinatale  può essere considerato un approccio multidisciplinare che include la collaborazione di un team di specialisti tra cui ostetriche, ginecologi, infermieri, pediatri, neonatologi e molte altre figure professionali.

Inoltre questa realtà, anche se ancora da sviluppare e diffondere, rappresenta un’alternativa e pratica risposta ad uno degli eventi più dolorosi e drammatici che possa capitare nel corso della propria vita da genitori.

 
 

Alessia Botta

 

Tratto da : “L’Ostetrica e l’Hospice Perinatale: una proposta di collaborazione tra le due realtà a sostegno delle famiglie” (2015), di Botta A.  Tesi di laurea in Ostetricia.

Università Politecnica delle Marche. Facoltà di Medicina e Chirurgia.

 


[1] Legge 22 maggio 1978 n.194, in materia di Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
[2] Calhoun B.C., Hoeldtke  N.J., Hinson  R.M., Judge  K.M.  (1997), Perinatal hospice: should all centers have this service?, Neonatal Netw.; 16(6):101-2.
[3] Calhoun B.C., Reitman J.S., Hoeldtke N.J. (1997) Perinatal hospice: a response to partial birth  abortion for infants with congenital defect, Issues Law Med.;13(2):125-43.
[4] Hoeldtke N.J., Calhoun B.C. (2001), Perinatal hospice, Am J Obstet Gynecol.; 185(3):525-9.
[5] Zeanah C.H., Dailey J.V., Rosenblatt M.J., Saller D.N.  Jr. (1993), Do women grieve after terminating pregnancies because of fetal anomalies? A controlled investigation,  Obstet Gynecol.;82(2):270-5.
[6] Kersting A., Reutemann M., Ohrmann P., Baez E., Klockenbusch W., Lanczik M., Arolt V. (2004), Grief after termination of pregnancy due to fetal malformation, J Psychosom Obstet Gynaecol.;25(2):163-9.
[7] Korenromp M., Parental adaptation to termination of pregnancy for fetal anomalies, Febodruk B.V., Enschede, 2005, Università di Utrecht, Olanda.
[8] Kersting A., Kroker K., Steinhard J., Hoernig-Franz I., Wesselmann U., Luedorff K., Ohrmann P., Arolt V., Suslow T. (2009), Psychological impact on women after second  and third trimester termination of pregnancy due to fetal anomalies versus women after preterm birth--a 14-month follow up study, Arch Womens Ment Helth.; 12(4):193-201, doi: 10.1007/s00737-009-0063-8, Epub.
[9] Calhoun B.C., Napolitano P., Terry M., Bussey C., Hoeldtke N.J. (2003), Perinatal hospice. Comprehensive care for the family of the fetus with a lethal condition, J Reprod Med.,48(5):343-8.
D’Almeida M., D.O. Roderick F. Hume, M.D. Lathrop A., Adaku Njoku C.N.M., M.D. Byron Calhoun C. (2006), Perinatal Hospice: Family-Centered Care of the Fetus with a Lethal Condition, Journal of American Physicians and Surgeons, Volume 11 n.2, 52-55.
[10] Jaquier M., Klein A., Boltshauserb E. (2009), Spontaneous pregnancy outcome after prenatal diagnosis of anencephaly, International Journal of Obstetrics and Gynaecology (BJOG), 113:951-953.
[11] Shan P.S., Zao J. (2009), Induced termination of pregnancy and low birthweight and preterm birth: a systematic review and meta-analyses, International Journal of Obstetrics and Gynaecology /BJOG), Volume n.116, Articolo 11, 1425-1442.
 
 
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