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La Villocentesi

La Villocentesi
                                            
Che cos'è
villocentesi

E’ una tecnica di diagnosi prenatale effettuata attraverso il prelievo di villi coriali dalla placenta. I villi coriali sono il tessuto che costituisce la placenta e derivano dall’uovo fecondato. Quindi il patrimonio genetico delle cellule placentari è identico a quello dell’embrione e, pertanto, può essere usato per studiarlo ai fini della diagnosi prenatale sullo stesso.

Come viene eseguita

Nella maggior parte dei casi l’esame viene eseguito, per via transaddominale, (come per l’amniocentesi), mediante l’inserimento di un ago attraverso l’addome materno, sotto guida ecografica. La puntura, però, a differenza dell’amniocentesi, non buca il sacco amniotico, evitando il rischio di infezione del liquido.

È anche possibile, ma molto meno diffuso, il prelievo attraverso la cervice uterina.
L’esame è indolore e dura pochi secondi. 
 

Quando si esegue

La principale differenza tra villocentesi e amniocentesi, si riscontra proprio nei tempi; il prelievo di villi coriali, infatti, si può effettuare in epoca gestazionale più precoce, in genere tra la 11 e la 13 settimana, quindi 3/4 settimane prima rispetto all’amniocentesi.

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La tecnica è, però, più complessa e richiede operatori particolarmente esperti; è per questo che viene effettuata solo in alcuni centri specializzati e per alcune metanalisi di diversi studi in letteratura, avrebbe una percentuale di rischio lievemente superiore all’amniocentesi.

Gli scopi

Le informazioni ricercate con tale indagine sono simili a quelle dell’amniocentesi, ovvero:

-          Studio del cariotipo fetale, ovvero struttura e numero dei cromosomi per individuare eventuali anomalie.

-          Individuazione di malattie genetiche (talassemia, fibrosi cistica ecc.)

-          Attraverso la villocentesi è possibile stabilire, su richiesta, la paternità del feto.

Recentemente, attraverso una nuova tecnica denominata microarray CGH, basata sulla biologia molecolare, è possibile effettuare un approfondimento diagnostico di secondo livello, andando a studiare dettagliatamente porzioni più piccole rispetto al cariotipo tradizionale. In tal modo, è possibile individuare alcune patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche, come la Sindrome di DiGeorge, la Prader-Willi ecc., non evidenziabili con il cariotipo tradizionale.

Questa nuova tecnica (Microarray CGH), permette, quindi, di integrare l’indagine tradizionale; inoltre, non essendo necessaria la coltura cellulare, i tempi diagnostici sono più brevi, 3-5 giorni.

A chi e quando viene indicata

-          Donne di età superiore a 35 anni

-          In caso di aumentato spessore della translucenza nucale (liquido presente nella nuca del feto utilizzato, nel corso delle indagini ecografiche, come indicatore di malattie cromosomiche o malformazioni del feto).

-          In caso di anomalie evidenziate dall’ecografia.

-          Test combinato positivo

-          Casi di precedenti figli affetti da anomalia cromosomica.

-          Genitori portatori di anomalie cromosomiche o malattie genetiche.

I Rischi

Il rischio di aborto, conseguente all’esecuzione della villocentesi è difficile da stimare. Secondo le indicazioni di vari organismi, si aggirerebbe intorno all’1-2%, anche se studi recenti abbassano la percentuale ma ritengono, comunque, che sia lievemente superiore rispetto a quella dell’amniocentesi.

Valutazione etica della villocentesi

La scelta di non effettuare il prelievo di villi coriali in alcune istituzioni italiane come il Policlinico Gemelli di Roma, ubbidiva a 2 criteri di natura etica che, 41 anni fa, non riconoscevano tale procedura tra quelle eticamente accettabili:

  1. Il primo criterio era quello del rischio che allora era notevolmente più alto rispetto a quello della amniocentesi (intorno al 4-5%).
  2. Il secondo criterio era quello relativo al fatto che la procedura non aveva la connotazione diagnostica e terapeutica contemporaneamente, come l’amniocentesi o la cordocentesi, ma era una metodica invasiva al solo scopo diagnostico. Perché allora fare una diagnostica invasiva sei volte superiore solo per poterne utilizzare la precocità diagnostica gestazionale e non l’uso terapeutico?

Negli ultimi venti anni però si è sviluppata la possibilità di fare trapianti prenatali con cellule staminali del cordone ombelicale per la cura di malattie genetiche come la Beta talassemia major.

In tal caso, allora, la valutazione etica della villocentesi la rende accettabile perché collegata ad una eventuale terapia.

La precocità gestazionale della diagnosi giustificherebbe l’uso del prelievo dei villi coriali, proprio perché finalizzato a fare diagnosi di feto malato per poi sottoporlo al trapianto prenatale con cellule staminali del cordone ombelicale. Infatti, più precoce è il trapianto, maggiore è la possibilità di attecchimento dello stesso e di successo terapeutico.

 

Il Professore ci spiega ...
a cura del Prof. Giuseppe Noia
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