Malattie infettive in gravidanza: il Citomegalovirus
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Il Citomegalovirus (CMV) è un virus appartenente alla famiglia degli herpes virus, che comprende anche i virus dell’herpes, della varicella e della mononucleosi.
E’ un virus abbastanza comune, che infetta persone di tutte le età e che, una volta entrato nell’organismo, ci rimane per tutta la vita. Se contratto da adulti e bambini non dà luogo a problemi particolari, in quanto si manifesta con sintomi lievi e generici (mal di gola, febbre, stanchezza ecc.) e, il più delle volte, non ci si accorge nemmeno di averlo contratto.
Diverso è il caso di contagio in gravidanza, in quanto, in tale ipotesi, il virus può passare al feto e causare conseguenze anche gravi.
Il caso più rischioso si verifica quando la donna contrae il virus, per la prima volta, in gravidanza. In questo caso il feto rischia di essere contagiato (Infezione congenita).
Il rischio di trasmissione è tra il 30 e il 40% ma, ciò che occorre evidenziare è che, anche se il feto contrae il virus, non è detto che manifesti conseguenze a breve o a lungo termine. Solo 2 o 3 feti su 10, con infezione congenita, riporteranno delle conseguenze.
Nei casi in cui ciò si verifica, le problematiche per il bambino possono riguardare;
- Sistema nervoso centrale con malformazioni
- Ritardo mentale
- Sordità congenita
- Corioretinite, ovvero una patologia della retina che provoca cecità.
Fortunatamente l’85-90% dei neonati con infezione congenita è asintomatico.
Come si trasmette
La trasmissione del citomegalovirus è interumana e avviene tramite saliva, per via aerea e attraverso liquidi corporei, come sangue e urine.
Il contagio è più probabile per le donne con bimbi piccoli o se si lavora a contatto con i bambini, i quali sono i più esposti al virus.
Come evitare l’infezione
Non esiste un vaccino per prevenire il contagio da CMV, tuttavia, è possibile ridurre il rischio di contagio seguendo delle semplici norme igieniche.
- Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone, soprattutto se si è cambiato il pannolino o toccato la saliva o le secrezioni nasali di un bambino piccolo.
- Usare acqua e sapone o un disinfettante per pulire le superfici contaminate dalle secrezioni.
- Non condividere alimenti, bevande o stoviglie con i bambini piccoli, non baciare i bambini sulle labbra.
- Se si lavora in un asilo nido cercare di entrare il meno possibile in contatto con bambini di età inferiore ai due anni e mezzo.
- Evitare i luoghi molto affollati
Esami medici per il CMV
Per sapere se si è già contratto il CMV, basta fare un esame del sangue, che serve per ricercare la presenza degli anticorpi specifici contro il virus , le cosiddette immunoglobuline.
Si tratta delle IgM , che sono le immunoglobuline che si formano quando l’infezione è recente e quindi ci indicano che la malattia è in atto; e le IgG che sono le immunoglobuline che indicano se la malattia è stata contratta in passato e, quindi, se l’organismo ha sviluppato gli anticorpi per difendersi.
Se la donna ha già avuto l’infezione in passato, ha già gli anticorpi e non può reinfettarsi ma, il virus, che rimane presente nell’organismo, può “riattivarsi” e dar luogo ad una reinfezione, che ha però dei rischi molto più bassi e possibili danni meno gravi, rispetto all’infezione primaria contratta in gravidanza.
Se si è contratto il virus in gravidanza, è importante sapere quando è avvenuta l’infezione perché, le conseguenze sul feto, possono essere diverse. Il test di avidità (Avidity Test) risponde a questa esigenza. Se il test di avidità è basso, l’infezione è recente. Se il test di avidità è alto l’infezione è pregressa. Nel primo caso il feto è a rischio, nel secondo no.
Prima del secondo mese di gravidanza, un’eventuale infezione può provocare l’aborto spontaneo o essere superata senza problemi. Più critico è il caso di infezione contratta durante la prima metà della gravidanza.
Nel caso in cui venga confermata l’infezione primaria in gravidanza, è bene procedere ad un’ecografia fetale di secondo livello, al fine di controllare la morfologia del bambino, anche se i danni non sono sempre visibili ecograficamente in epoca prenatale.
L’esame che permette di sapere, con certezza, se il bambino ha contratto l’infezione è l’amniocentesi, che consente di individuare la presenza del virus nel liquido amniotico.
Se l’esito dell’amniocentesi è positivo, è opportuna una consulenza prenatale con un esperto per analizzare la situazione specifica. In tal caso, infatti, la gravidanza viene considerata a rischio e quindi, vengono effettuati controlli più attenti e frequenti, soprattutto per monitorare la crescita del bambino, visto che il CMV può ritardarla.
Dopo la nascita il neonato viene seguito secondo protocolli specifici che prevedono test dell’udito, risonanza magnetica, ecografia celebrale, esami di tipo sierologico e immunologico ed eventuali terapie antivirali.
Cura della malattia
Purtroppo, ad oggi non esiste una terapia che prevenga la trasmissione materno-fetale, né che permetta di evitare completamente i danni al bambino. Sono, tuttavia, in corso studi scientifici su particolari immunoglobuline. La terapia con immunoglobuline specifiche è ancora considerata sperimentale nonostante le numerose pubblicazioni nella letteratura scientifica, così come le immunoglobuline non specifiche; sono in corso anche studi con farmaci antivirali mirati, tuttavia, al momento, le norme igieniche di prevenzione, rappresentano, la forma di difesa più efficace.