Il Fariseo e il Pubblicano - I parte
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Come molti di voi ormai sapranno, la nostra Fondazione, essendo di ispirazione cattolica, spesso propone spunti di riflessione sui temi della fede e della cristianità; abbiamo, quindi, pensato di condividere con voi un dono che ci è stato fatto, un testamento spirituale; quello di una persona che ha dedicato un’intera vita alla diffusione della parola di Dio. Parliamo di Don Alfredo Ferlaino, arciprete di Nocera Terinese, dove per 60 anni ha esercitato il suo apostolato presso la Chiesa di San Giovanni Battista in paese.
Si tratta di una raccolta di pensieri, appunti, meditazioni che servivano come preparazione alle omelie. Grazie alla sua famiglia, che li ha conservati e li ha messi a disposizione del Cuore in una Goccia, questi preziosi scritti potranno continuare ad essere strumento di diffusione del messaggio cristiano.
Una scrittura, quella di Don Alfredo, meticolosa, in cui la conoscenza teologica si accompagna, spesso, a considerazioni e parallelismi culturali più vasti, ma sempre finalizzati a coinvolgere i fedeli nell’omelia, accostando la realtà del periodo storico che stava vivendo, ai fatti narrati nei vangeli, e traducendoli in un linguaggio semplice che potesse arrivare a tutti; un’opera, la sua, frutto dell’amore per Cristo e del desiderio di dare compimento alla sua vocazione, diffondendone la Parola e mettendosi al servizio degli altri.
Luca 18,9-14
«In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
“Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.»
Il tema delle letture di oggi è questo: “Qual è l’atteggiamento giusto che deve avere uno che prega, se vuole essere ascoltato ed esaudito da Dio? … Nel Vangelo di oggi il Signore ci dice come dobbiamo pregare, qual è l’atteggiamento giusto per essere ascoltati da Dio. La risposta ci è data mediante una parabola. Essa ci dice qual è la preghiera accetta a Dio…
Nel Vangelo Gesù, mediante una parabola, sceneggia, cioè rende visivo e concreto l’insegnamento della prima lettura (dal libro del Siràcide, Sir 35,15-17.20-22), incarnandolo in due personaggi diametralmente opposti. L’uno (il fariseo) poggia la sua “giustizia” nella falsa sicurezza delle sue opere; l’altro (il pubblicano) poggia la sua “giustizia” nella gratuità della grazia e del perdono di Dio.
Il fariseo considera Dio come un notaio che prende nota delle sue opere buone e giuste. Si illude di potersi salvare da solo, con i propri meriti, senza bisogno di ricorrere a Dio. Il suo è orgoglio spirituale: si convince di non aver bisogno di nessuno per salvarsi; è lui che si salva con le sue opere; contro questa illusione e presunzione si scaglia San Paolo (Rom 3,19-26). Questo sarà l’errore dei Pelagiani[1], combattuti da S. Agostino e condannati dalla Chiesa.
Questo è l’errore di tanti cristiani anche oggi. Ecco perché non sentono il bisogno di ricorrere a Dio e a Gesù Cristo, unico e vero Salvatore. Presumono di salvarsi con la scienza, la politica, l’arte ecc., facendo appello, cioè, alle loro risorse.
L’atteggiamento giusto e la preghiera vera sono quelli del pubblicano, perché, dinanzi a Dio, nessuno può avanzare delle pretese o accampare dei diritti.
Se noi ci giustifichiamo, Dio ci condanna; se noi ci condanniamo, Dio ci giustifica. La salvezza è dono gratuito di Dio e non merito umano.
Fine Prima Parte.
A domani per la seconda parte...